Subspazio – anamorfosi dell’eros digitale

Una volta io e diego siamo rimasti fuori, dentro il Salone del libro di Torino. Pochi minuti prima passeggiavamo contenti, quasi del tutto appagati dall’analogico, nella sua forma culturale (libri) e in quella, più inafferrabile e misteriosa, delle nostre fisiologie (corpo).

Non mi prende il telefono, datorino, esco; ah, devi andare a scrivere su friendfeed che fa caldo, ranieri?, fa lui con il sarcasmo dolente che la vittima delle allucinazioni riserverebbe a una vittima del delirio schizoide.

Nel cortiletto in effetti il telefono prendeva, lo so perché l’ho dovuto usare per farmi venire a prendere, improvvisamente consapevole che le porte antipanico solitamente lo sono solo in un senso. Datorino, sono rimasta fuori, dentro, insomma qua, nel cortile! Vengo a prenderti, fa lui, non considerando a sua volta che le porte antipanico eccetera, e lasciando che quella che ci divideva l’uno dall’altra un attimo prima ci dividesse, un attimo dopo, dal mondo della cultura.

Cazzo, faccio io come al solito. Ops, fa diego, che è un Signore.

E mo’? E mo’ niente, fa lui, qualcuno uscirà a fumare, che hai comprato? Le lacrime di Eros, Bataille. Tu? Il diario del seduttore di Kierkegaard.

Ecco, sarebbe possibile essere differenti in un modo più perfetto? Abbiamo un capitale di eros teorico da spendere, gli dico.

Io non ci capisco, dice diego, non ci si capisce granché con la storia dell’erotismo, del sesso, con internet, poi.

Ma parli del porno?
Sì, no.

Si dà il caso che io ero, e sono, una donna, mentre diego no. Inoltre, come se non bastasse, siamo entrambi eterosessuali. Questo è il motivo per cui la conversazione che segue non può essere considerata, d’ora in poi, significativa dal punto di vista del merito delle questioni sollevate, ma semmai solo da quello della valenza semiotica e sociale della conversazione.

Di che parla Bataille?
Le lacrime, lo sperma, il corpo martoriato, il sacrificio che compie Eros…
Ah. Sei così tu?
Io sono così, sì.
Gli uomini lo sanno?
Chi lo ha saputo, è morto. Ah, ah.
Naturale, sì.
Che poi, detto così pare che a me interessi il sesso, quelle cosa là.
No, no.
Sì, insomma, pare che. Cioè, non che mi interessi il romanticismo, l’amore, le altre cose.
Non sia mai, no.
Io rifiuto la dicotomia. E anche il tiepido, in mezzo. Ci vuole coraggio, ci vuole amore, per essere freddi.
Certo, fa lui, guardando la porta antipanico dal nostro lato non “anti”.
No davvero, riprendo mentre lui tira fuori un twix, ma mangi twix?
No, no, fa lui, è solo per- e non ho mai saputo per cosa era.
No davvero, è che la questione forse è più semplice di come appare a me e a Bataille.
Chfoeè?, fa lui masticando con una smorfia come per farmi capire che non gli piace.
Cioè, prendi la Storia dell’occhio.
Mm-mh.
Non c’è nulla di sensuale, per il lettore comune. Chi si ecciterebbe a sedersi su coglioni di toro?
Chi odia Hemingway.
Ah-ah. No dai, siamo seri. Vedi, anche il fatto che non se può parlare restando seri.
Sono serio ranieri, solo che comincio a sudare, e sono anche un po’ nel panico per questa storia del…
Coglioni-uovo. Considera che ovviamente lì Bataille fa un’allegoria dell’occhio.
.
E possibile erotizzare qualcosa senza vederla?
No, non credo, no…
E allora come è possibile che tutto sia così erotizzato? Friendfeed, addirittura Facebook, per dire.
Davvero? Non ne so nulla.
La gente erotizza quello che non può vedere, altro che.
Ti è capitato?
E’ capitato a tutti.
No, a me no.
Ti è capitato, fidati. Credo che questa tendenza a feticizzare il reale stia cambiando le nostre modalità di fare l’erotismo. Noi non facciamo, facciamo come se facessimo.
Siamo maschere?
Siamo immobili, disponibili. Siamo come morti, anzi peggio: siamo vivi, ma non ci muoviamo, non ci consumiamo, non moriamo.
Nosferatu.
Esatto. La prostituta perfetta. Se controllo un corpo, e contemporaneamente non lo possiedo, vuol dire che ne posso disporre illimitatamente.
Certo che il digitale aiuta.
D’altronde, se l’erotismo è l’approvazione della vita fin dentro la morte, ce ne abbiamo messa davvero tanta di arte per mettere una parvenza di vita nei pixel.
Raccontami… che è successo?
Ma no, tanto è tutto uguale. Siamo incoraggiati allo schema, mi spiego?
Non è così anche nella vita?
Sì, ma in misura minore; nell’analogico siamo costretti a seguire gli spigoli delle biografie, persino anche delle fisiologie altrui. O ti aggiusti sui tempi dell’altro, o scappi. Un avatar non lo devi aspettare mentre si trucca. Arriva da te già bell’e truccato.
Dici che ci stiamo disabituando al sesso di persona? E’ successo quello che dicevamo non sarebbe mai successo?
No, dico che alcune tendenze di alcune persone al congelamento, alla rinuncia, allo schema, alla rappresentazione, vengono incoraggiate dal mezzo.
Sei una di queste?
Sì.
Una specie di selezione?
Esattamente. Sopravvivono i più adatti, tra gli irregolari, tra i mutanti. Lamarck contro Darwin, e vince sempre Darwin.
Forse siamo diventati pigri anche per il porno? Io a volte preferisco scrivere stronzate su ff che guardarmene uno.
Ti credo, è il porno perfetto. Vivo, pulito, sincero, ingenuo. Smettiamo quando vogliamo, e non vogliamo. Capita sempre più spesso di non riuscire a godersi i momenti analogici per l’urgenza di andare scrivere qualcosa di inferiore, come esperienza e come valore intellettuale, sul proprio profilo, gesto che però in quel momento sembra avere il potere di valorizzare il reale.
Non c’è soluzione, però, così. La tendenza di ogni incontro digitale è arrivare all’analogico, o no?
L’errore è considerare tutto come una tensione tra tragedia e farsa. Guarda i libri che abbiamo comprato: io Dioniso, tu Apollo.

Il mio eros vive nel subspazio.
Subche?
Per tornare a Bataille, mi interessa l’esperienza interiore. Per molti si conclude con l’autoerotismo, per altri è l’unica comunicazione possibile tra i mondi, mi segui?
No, per niente.
Perfetto. Subspazio è quel luogo dell’esperienza interiore che esiste all’insaputa dell’altro, e che ci fa provare la dolorosa esperienza dell’estasi. La cosa assurda è che il subspazio è uno spazio di soggezione, volontaria, ma soggezione.
Mm-mh, certo. Quindi vuoi dirmi che su ff noi cerchiamo la soggezione perfetta?
Siamo vittime di un teatro in cui ci affanniamo a trovare altre vittime a cui dare il ruolo di carnefici. Capisci che siamo destinati a rimanere delusi?
Ma se è tutto rappresentazione, com’è che alcune cose emergono da quel magma… voglio dire: noi siamo qui, ora.
Siamo qui ora perché non siamo erotizzati.
Ah no?
No, siamo oltre quella linea. Siamo nella normale sfera della autenticità, quella in cui posso deluderti se faccio cose dell’ordine del derubarti, o del dichiarare che voto Pdl. E siamo pure rimasti fuori, non è allegorico?
La community che ci sbatte fuori per comportameto indisciplinato. Siamo un uomo e una donna e stiamo parlando!
Tutti amano tutti, sui social, tutto un love, un like. O, viceversa, tutti si odiano. Nella vita, nel lavoro, non facciamo quasi mai cenno alla passione… facciamo mica sul serio.
Ma sei stata tu a dire che non ti interessano quelle cose.
Ammetterai che dire che non si è interessati al sesso è di per sé abbastanza sexy.
Sì, lo ammetto.
Eh, ma non è giusto. Non siamo più capaci di dire a una persona in carne e ossa “mi piaci” senza sentirci in qualche modo degli impostori o, peggio, degli esageratori, patetici. Parlo per me.
Riconosci quando una persona è in tensione per te, nella realtà intendo?
Non una persona venuta fuori dal social: credo che sia tutto alterato. A volte mi pare che ci si continui a piacere per inerzia, sempre che si continui dopo la caduta.
Non è possibile, dai, prima o poi si riallinea tutto.
Sì, veniamo ricacciati in una solitudine più densa, quella sì reale. Siamo incatenati alle nostre biografie.
C’è gente che si conosce su ff, amici nostri, e si sposa.
Ah, ah! Ci mancherebbe solo quello. Ricordi Zarathustra? «La mia follia e la mia modestia in amore sono davvero risibili», cerco quello che per gli altri è gigantesco e per me facezia, eppure per gli altri è facile ottenerlo, per me difficile.
Non vorrai il sentimentale!
No, al contrario, ti ho detto all’inizio che voglio la freddezza.
Il subspazio?
Hanno aperto la porta, datorino! Corri.

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