Oggi è il compleanno di James Joyce. Una volta James Joyce ha incontrato Marcel Proust. Quando si incontrano gli scrittori, specie se a cena, può capitare che non si dicano molto. È famosa una cena tra Italo Calvino e Milan Kundera. Non si dissero una parola. (E non disse nemmeno un parola è il titolo di un libro di Heinrich Boll, un libro piuttosto triste e il titolo, mi sembra di ricordare, è una citazione dei Vangeli.) Della cena tra James Joyce e Marcel Proust c’è una prima versione, secondo la quale parlarono di tartufi.
Un’altra invece sostiene che Proust chiese a Joyce se conoscesse un tale duca.
«No».
Poi qualcuno chiese a Proust se avesse letto un capitolo dell’Ulisse.
«No».
E questo fu quanto. Per incredibile che possa sembrare, nel frattempo, Pablo Picasso era steso, ubriaco, allo stesso tavolo.
Fu dunque una conversazione estremamente sintetica, a differenza della rispettiva prosa dei partecipanti. Samuel Beckett aveva preso un partito simile: per evitare di assomigliare a Joyce, che tanto ammirava, si era deciso a usare il minor numero possibile di parole. C’è un bel «NO» nella mia poesia preferita di Samuel Beckett.
e poi mi confondo sempre, mi ricordo
«La diffidata occasione dell’effusione verbale» che ci stava bene a commento della cena, invece dice: «la deprecata occasione della effusione verbale» (che non è certo il miglior verso della poesia).
Beckett voleva sì allontanarsi dall’influenza di Joyce che cominciò a scrivere in francese. Anche Joyce, in una lettera, usa un po’ di francese parlando di Proust.
Ho appena letto A la recherche des ombrelles perdues da alcune Jeunes filles en feurs du coté de chez Swann con Gomorhée et Cie, scritto da Marcella Proyst e James Joust
Buon compleanno James. L’Ulisse l’ho lasciato alla parola «metempsicosi» poi sono uscito di casa e sono andato a fare una cosa stupida e da allora non l’ho più ripreso. Però un giorno lo finisco, promesso.
[il racconto della cena tra Ulisse e la Ricerca è qui]