Nel luglio del 1942 il camerata Perego compra sette agende, tutte uguali, una per ogni ufficiale della 46° compagnia, gli Alpini in partenza per il fronte russo. Le distribuisce e dice: «Ognuno ne farà quel che vuole della propria agenda. Ma intanto scambiamoci gli indirizzi di casa. Non si sa mai quel che potrà succederci».
Nuto Revelli prende la sua e pensa che ora che è un ufficiale effettivo la userà per redigere un confronto tra le macchine da guerra di tedeschi, ungheresi, russi e quelle degli italiani. Ma già la prima pagina è piena delle sue annotazioni personali, dei suoi stati d’animo.
E così continua, passando per il 16 gennaio del 1943 – quando l’avanzata russa diventa la ritirata russa: «Sul Don tutto è apparentemente fermo, nel freddo, nel silenzio» – , fino al rientro in Italia, a marzo.
La prefazione di Mai Tardi, titolo con cui viene pubblicato Il suo diario della campagna di Russia, finisce così:
Il 2 aprile, quando lasciai Udine, avevo con me il solito «bagaglio»: la borsa portacarte, e le mie tre armi automatiche, ben munizionate, avvolte in un telo da tenda.
A Mestre mi preoccupai perché il telo da tenda dava un po’ troppo nell’occhio. Era lungo il viaggio da Mestre e Cuneo, quasi due giorni di treno. E se incappavo in un controllo?
Mi presentai all’ufficio spedizioni, e dissi: «Vorrei spedire questo involto a Cuneo». «Ma come? A piccola o a grande velocità?» «A piccola velocità», risposi senza esitazione.
L’inserviente una persona premurosa, gentilissima, legò bene l’involto, e lo sigillò con i piombini. E mentre lo giravo e rigiravo tra le mani temevo che le munizioni mi tradissero!
Un mattino – erano forse trascorsi dieci giorni – suonarono alla porta di casa. Andò mia madre ad aprire. Sentii una voce forte, robusta che disse: «Abita qui Revelli Benvenuto? Ma cristo…, cosa c’è qui dentro che pesa tanto?» «Ah non so, – rispose mia madre, – son cose di mio figlio».
Il 12 settembre i tedeschi occuparono Cuneo. Consegnai il diario ad Annetta perché finalmente lo leggesse, e lo custodisse fino al mio ritorno. Smontai le tre armi automatiche, le infilai nello zaino, e raggiunsi la mia prima base partigiana.
(grazie a Isola Virtuale)