Il portone

In macchina, a fumare le sigarette.

– Te come lo sai quando ti piace una ragazza?

– Ma che domanda è, cosa vuol dire?

– Quando ti piace una ragazza; metti che ci sei uscito, non la conoscevi o la conoscevi poco. Ci esci, siete soli, fate le cose da primo appuntamento, mangiate, bevete, ridete.

– Quindi piacerti già lo sapevi che ti piaceva perché ci sei uscito.

– Sì, dico dopo, il momento dopo. Dopo che ci sei stato solo, soli tu e lei e ve la siete raccontata. Come fai a sapere se ti piace, dico al di là del fatto di volerci scopare.

– Lo sai quando la porti a casa.

– Se ti fa salire?

– Ma no, avevi detto al di là del fatto di scopare.

– E la casa che c’entra?

– Dopo che la porti a casa è il primo momento che sei di nuovo solo, dopo essere stati in due, con lei. E la cosa che fai quando sei rimasto solo è guardare dove abita, la strada, la piazza, cosa c’è intorno. I negozi, gli alberi, ma soprattutto il portone.

– Che minchia c’entra il portone?

– Il portone è fondamentale. Quando ti piace una ragazza è come se diffondesse una polvere sulle cose, quella polvere cambia le cose su cui si posa. Le cose su cui si posa diventano pure loro belle come è bella la ragazza. Il quartiere è squallido, la polvere lo fa diventare come dev’essere: giusto, che ci volevi proprio passare. Lo guardi è pensi “Quanto tempo era che non passavo in un quartiere così appropriato, dove ogni cosa sta nel suo, senza sbordare”.

– Questo è l’effetto della ragazza.

– Se la ragazza ti piace, spilla polvere, tipo Campanellino di Peter Pan. Ma per accorgetene, se ti piace, c’è un modo facile che pure una capa di minchia come te lo capisce.  Devi guardare il portone.

– E dagli col portone.

– Intanto il portone è proprio cosa sua. Il portone ha raccolto polvere come si raccoglie la polvere dietro i mobili, senza sforzo. È il portone che se l’è inghiottita ed è il portone che contiene la promessa di rivederla. Ed è li che lo capisci, se ti piace, perché, a sorpresa, il portone ti ha fatto una domanda. E se non sei uno con la testa nel culo, la domanda la senti e ti puoi dare una risposta. Ma io quel portone lo voglio rivedere?

– Ma scusa non fai prima a chiederti se vuoi rivedere lei?

– Chiedere guardando lei è troppo confuso, magari non sei sincero. Magari ti fa tenerezza, magari non vuoi che ci rimanga male, magari sei distratto che ci vuoi fare all’amore.  Col portone si può parlare a occhi diritti.

– Lo sai come si diceva una volta quando due uscivano e se ne andavano nei campi o nelle stalle a fare all’amore?

– Come si diceva, che chiavavano?

– No, quando non si poteva dire, quando due che non erano sposati non si poteva sapere che uscivano insieme. Si diceva che “si parlavano”. Quei due si parlano, si diceva.

2 thoughts on “Il portone

  1. Luca

    “Dopo che la porti a casa è il primo momento che sei di nuovo solo, dopo essere stati in due, con lei…”.
    Una riflessione che nella prosecuzione delle righe successive – tutto subito – spiazza. Rileggendo ancora una volta, invece, le parole si caricano di rimandi alle storie che abbiamo sperimentato: al peso dato o negato al contesto e a ciò che rappresentava, oppure lasciava indifferenti.
    Al “parlarsi”, anche, inglobando in questo il vissuto circostante.
    Ho apprezzato molto l’articolo e mi permetto di «adottarlo» nella Community #adottaunblogger.

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