Hasta Siempre Valentino

1.

Partire dall’ultima fila

Atene, Acropoli, 500 a.C. circa

Marc Marquez, Casey Stoner, Jorge Lorenzo, Max Biaggi e circa seimila cittadini sono seduti nell’Assemblea della città di Atene. Prende la parola Max Biaggi.

– Amici, cittadini, Ateniesi, voglio complimentarmi con il nostro concittadino Dani Pedrosa per aver brillantemente vinto la gara di domenica. E ricordiamo che non si è trattato di una domenica qualunque, abbiamo tutti dovuto svegliarci alle 8, e meno male che almeno era la domenica dell’ora legale! Comunque Bravo Dani e quanto al resto: di quello di cui è bene tacere è meglio tacere!

È il turno di Casey Stoner.

– Amici, cittadini, Ateniesi, di certo Valentino è un uomo d’onore, anche se sappiamo che un numero di tifosi come il suo può rappresentare un pericolo per la stabilità della democrazia. Dobbiamo pensare al futuro senza Valentino. Amici, cittadini, ateniesi, di certo Valentino è un uomo d’onore, anche se sappiamo che qualunque altro corridore al suo posto sarebbe condannato a morte certa.

Poi tocca a Jorge Lorenzo, che prende la parola al centro dell’Assemblea.

– Amici Ateniesi, io credo che con il suo comportamento Valentino sia un esempio di corruzione presso i giovani e che le sue vittorie siano empie: un atto di superbia contro il dio. Ci vuole misura nel vincere e Valentino non ha misura. Dovrebbe essere messo nelle condizioni di non nuocere contro se stesso, contro i giovani della nostra città e contro il dio.

Per ultimo parla Marc Marquez.

– Amici, cittadini, Ateniesi, appassionati di sport, di velocità e di vita. Io credo che mi abbia dato un calcio.

Poi votano. Si vota scrivendo un nome su un pezzo di coccio. Il papiro costa, la terracotta è più economica. Se quel nome avrà la maggioranza dei cocci dell’Assemblea, sarà punito. È la legge di Atene, chi tradisce viene allontanato, ma viene anche allontanato chi metta a rischio la città. Dieci anni di esilio: si chiama ostracismo. Dieci anni di esilio a quei cittadini troppo ricchi, troppo famosi, troppo influenti che mettono a rischio la democrazia: potrebbero diventare dei tiranni, portare il popolo dalla loro parte, distruggere le istituzioni e la città.

Il nome che scrivono sul coccio è #46. L’assemblea vota l’ostracismo. La città che Valentino Rossi ha contribuito a rendere grande fa le prove della vita dopo di lui, lo esilia: lo condanna a partire dall’ultima fila.

2.

La mitologia di Valentino Rossi

Atene, Acropoli, stanze nel retro dell’Assemblea

Valentino Rossi è nella cella di isolamento con il suo amico Aristide, attende il verdetto dell’Assemblea.

Aristide gli fa compagnia, è vecchio e saggio, lo chiamano Il giusto, dice a Valentino – Guardandovi correre domenica ho pensato che non ci sarà salvezza per la città se non quando getteremo nell’abisso il cadavere tuo e quello di Marquez. Valentino non parla, sta seduto e guarda fuori.

Arriva il messo con la sentenza, entra e dice – Valentino ti reco la parola dell’Assemblea. Ma prima una cosa. C’è stato un tempo in cui la domenica non si guardavano le partite di calcio in tv. Prima dell’era di Sky. In quel tempo la domenica dopo il pranzo dalla nonna c’era una sola cosa da guardare: il Gran Premio delle moto, che si corre alle 14. Perfetto per la digestione. Noi, in Piemonte, si comincia a mangiare alle 12,35. Mia nonna la domenica, cucina da circa 45 anni le stesse cose: ravioli del plin, con il ragù suo, cotoletta impanata e patate fritte, a fiammifero; paste, se c’è una festa, se no gelato e caffè. Abbiamo guardato ogni tuo Gran Premio digerendo il ragù della nonna, che non è leggerissimo, ti dico. E anche ora che usanze barbare pongono il campionato di calcio alle 12,30 guardiamo comunque i tuoi Gran Premi.

Valentino gli dice – Sei gentile, dopo Uccio ti regala un cappellino giallo, però ora mi dici che hanno deciso?

– Dovrai partire dall’ultima fila, a Valencia. Questa è stata la parola dell’Assemblea, dice il messo e resta in piedi.

– Dall’ultima fila, dice Aristide pensieroso, come quella volta in Qatar, nel 2004, la tua prima stagione in Yamaha, ti ricordi? Valentino non dice niente, sembra calmo ma non sorride. – Gibernau, il secondo in classifica, ti aveva denunciato perché uno dei tuoi aveva pulito la casella di partenza. Al mattino ti hanno squalificato e fatto partire dall’ultima fila.

– Certo che mi ricordo, come mi giravano i coglioni quella volta lì. Sono andato lungo al sesto giro, dice Valentino.

– Se posso permettermi, dice il messo dell’Assemblea, mi ricordo anche io. Nel 2004 era appena nato il mio primo figlio e io avevo un sacco di cose a cui pensare. E quando Valentino è caduto e mancavano solo più tre gare alla fine del mondiale con Gibernau lì vicino al secondo posto, io ho pensato: se ce la fa Valentino, ce la posso fare anche io.

 – Così sono i tuoi tifosi, dice Aristide: ti scaricano addosso tutti i loro problemi e si aspettano che tu li risolva. È così che funziona: ci vedono quello che gli fa comodo. Sarebbero capaci di dire che sei comunista davanti a una tua foto col pugno alzato.

3.

Valencia, Spagna

Griglia di partenza dell’ultimo Gran Premio del Mondiale 2015, ultima casella

Intorno a Valentino ci sono Aristide, il messo con una borraccia di drink energetico e una modella con l’ombrellino. Valentino è di umore scuro, ha sbirciato nell’altra parte del box Yamaha e ha visto i preparativi per la festa di Jorge Lorenzo. Ripensa alla bambola gonfiabile, a quella volta che si è vestito da carcerato, a quell’altra in cui si è fermato per fare pipì, dopo aver vinto. A quella volta in cui è sceso dalla moto, ci si è appoggiato e ha cominciato a scuotere la testa, col casco addosso: da fuori non capivi se stesse ridendo o piangendo. Era la prima gara con la nuova moto, la Yamaha, tutti dicevano che vinceva sempre sì, ma perché aveva la moto più forte e lui quell’estate aveva cambiato moto, era passato alla Yamaha e aveva lasciato la Honda, e aveva vinto comunque.

– Ti ricordi quella volta che qui a Valencia sei caduto? gli chiede Aristide. – Diobo’, Aristide, lo sai che non si parla di cadute in pista, gli risponde Valentino. – Io, se posso permettermi, me la ricordo benissimo, dice il messo dell’Assemblea. – Era il 2006, si correva in Spagna l’ultima gara del mondiale, come oggi. Valentino è caduto e il mondiale l’ha vinto Hayden. Mi ricordo che eravamo a casa di mia nonna, stavamo guardando la trasmissione Quelli che il calcio in tv e Michael Schumacher ti ha chiesto se eri caduto per la pista sporca. Tu gli hai detto: “no”, che ti eri sbagliato, non hai dato la colpa alla pista, te la sei presa tu. – Eh, vacca boia, dice Valentino, adesso mi danno la colpa anche di quelli che non fanno lo scontrino al bar o tengono i camerieri a lavorare in nero. C’è gente che è convinta che se gli italiani non pagano le tasse sia colpa mia.

Aristide dà il casco a Valentino e gli dice – A cena dopo la gara del Qatar, mancavano tre gare alla fine del mondiale e ti avevo detto che se Gibernau avesse vinto la prossima ci avrebbe ripreso. Ti ricordi cosa mi avevi risposto?

Valentino non sente bene, si è già messo i tappi nelle orecchie e sta pensando ai quindici piloti che gli partono davanti. – Aristide, adesso ti sembra il momento di fare la biografia? Non possiamo pensarci dopo? Gli risponde, ma Aristide insiste – Mi avevi detto: “Gibernau non vince la successiva, Gibernau non vince più e sai perché? Perché le vinco tutte io”. È andata esattamente così: le hai vinte tutte e tre.

La modella ha chiuso l’ombrellino, tutti si allontanano e l’ultima cosa che vede Valentino, prima di iniziare il giro di ricognizione sulla pista di Valencia, è il messo dell’Assemblea che chiude un pugno; prima di accelerare gli legge sulle labbra: “Hasta Siempre Valentino”.

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