Gus Van Sant a Torino

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“Mi dicono che Gus dovrebbe arrivare a momenti”
Io immagino attese di ore, quando sento un presentatore dire così.
Ma quelli del Piccolo Cinema, i fratelli De Serio, mi hanno offerto due bicchieri di vino e pop corn, cosa ti vuoi lamentare?
Li hanno offerti a tutti quelli che sono venuti fino in via Cavagnolo 7, Falchera, Torino.
Hanno combinato la proiezione fuori, così ci si sta tutti, “Abbiamo messo dei plaid sulle sedie se avete freddo. Per favore non portateveli a casa i plaid, non portatevi a casa neanche le sedie, siamo stati in Circoscrizione a prenderle stamattina: 175 sedie e dobbiamo riportagliele tutte”.
Arriva il taxi.
Gus Van Sant è incredulo, ha la faccia di “dove mi avete portato?”, che è la stessa faccia che ha fatto la mia fidanzata, che si è trasferita a Torino di recente e a Falchera non c’è mai stata.
Se vi interessa questo genere di consigli può darsi che Falchera sia un buon posto dove investire, dal punto di vista immobiliare. Costa poco e si rivaluterà, intanto adesso Gus Van Sant è lì a rispondere a domande strambe e commoventi, a portare pazienza per tutto e a stupirsi di duecento ragazzi che si ritrovano all’aperto per vedere un VHS di un suo film del 1997.
“Matt Damon e Ben Allfeck si scrivevano i ruoli perché nessuno li scritturava, guardali adesso: Jason Bourne e Batman”, Gus Van Sant parla di Tim il papà di Ben Affleck che è stata l’ispirazione per Will Hunting – Genio ribelle e di William Borroughs, cui il film è dedicato, che aveva recitato per lui in Drugstore Cowboy.
Parla dei suoi inizi e di come approvi il metodo del Laboratorio del Piccolo Cinema, apprendimento orizzontale, tra pari, e non cattedratico.
Altre domande strambe dal pubblico: “perché Elephant si chiama Elephant?”. Gus Van Sant è rilassato, se non a suo agio, racconta di come fosse impossibile fare un film che si intitolasse “Columbine”, mentre era possibile fare un film che si intitolasse “Elephant” e raccontasse dell’omicidio di dodici studenti e un professore nel liceo di Columbine in Colorado. Dice di intreccio tra cronaca e finzione: della drammaturgia dei fatti reali attraverso cui raccontare l’elefante nella stanza che tutti vedono e di cui nessuno parla.
Mi piacerebbe chiedergli: ma come ti è venuto in mente di rifare Alfred Hitchcock, girare ultimi giorni di Kurt Cobain o dell’adolescente omicida, e il romanzo di Tom Robbins, con che coraggio? come hai fatto a scoprire Matt Damon, Una Thurman, Ben Affleck, Matt Dillon, River Phoenix, Keanu Reeves e avere voglia di essere qui, a Falchera, periferia di Torino, a parlarne.
“Non pensate di essere in periferia – dice – siete semplicemente da qualche parte”.

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