I calzini

Conosco la storia di un mio amico, per il fatto che me l’ha raccontata lui stesso, ieri all’osteria.

Dice il mio amico che lui non crede in dio ma l’altro giorno gli è capitata una rivelazione. Siccome non sapeva a chi dire grazie per questa rivelazione, ma voleva ricordarsene per bene, ha deciso di chiamarla la rivelazione dei calzini. Perché, quando gli è capitata la rivelazione, si trovava davanti al cassetto dei calzini.

Se il mio amico fosse stato un uomo di lettere, avrebbe detto l’epifania dei calzini. Come c’è l’epifania in Dedalus di Joyce, per esempio, mi sembra, quando lui vede una donna con le gambe nude nell’acqua e la gonna tirata su e dice quella cosa in latino: Non sarò un servo.

Se ci pensi la Befana, all’Epifania, porta i doni in un calzino.

Invece il mio amico non è dotto, non crede in dio e penso neanche nella Befana e ieri, all’osteria, mi raccontava che era lì davanti al suo cassetto di calzini, appena sveglio, doveva decidersi per quali calzini prendere e si è ricordato che spesso, mentre doveva decidersi che calzini prendere, aveva sentito una voce che gli diceva:

-Ma guarda che disordine questo cassetto. E a lui veniva da rispondere -In effetti, dovrei tenere questo cassetto della biancheria più ordinato, al buio faccio fatica a trovare i calzini e le mutande che mi servono.

-Lo vedi, non trovi niente in questo disordine, è freddo fuori e oggi patirai il freddo  perché anziché i calzini di lana ti metterai quelli di cotone, perché non sei capace di badare e te, di tenere a modo i cassetti, devi perderci delle ore, al mattino, appena sveglio, a frugare nelle calze. Ma sarà una buona maniera di impiegare il tempo del risveglio? Ah, ma te ne accorgerai oggi, quando sentirai freddo per via dei calzini di cotone, quanto poco sai badare a te. E a lui, al mio amico, gli veniva sempre di rispondere -Dovrei mettere in ordine così quando mi sveglio al mattino, ci metto poco a trovare i calzini adatti alla stagione, è da queste cose piccole che uno può volersi bene, prendersi cura di sé.

E poi un’altra volta quella voce gli diceva -Bravo dài, prendo quei calzini di quel verdino lì, quelli sì che ti devi vergognare se ti si alza il pantalone sulle scarpe e li mostri a tutti quei calzini di quel verde lì. Ma cosa avevi in testa quando li hai comprati, non distinguevi i colori? Oppure -Ma chi ti credi di essere con quelle calze a righe, dove credi di andare, chi credi che abbia del tempo da perdere a guardare le tue calze? E lui, il mio amico, mi raccontava ieri all’osteria che rispondeva alla voce -In effetti farei meglio a comprare delle calze tutte uguali, di uno stesso colore, sarebbe anche più pratico trovare la coppia, presto di mattina.

E insomma tempo io ne avevo, ma mi sarebbe piaciuto capire quando arrivava questa rivelazione, la rivelazione del cassetto dei calzini. E il mio amico mi ha detto -Stamattina ho sentito la voce che mi diceva -Eccoti qui, apri il cassetto, vediamo come te la cavi stamattina, il solito disordinato, e lui stavolta le ha risposto, alla voce del cassetto dei calzini -Hai finito di rompermi i coglioni?

-E via quella voce, mi ha detto; una voce che ci aveva fatto l’abitudine a sopportarla, una voce che non gli dava mica dei buoni consigli, che era sempre lì a giudicarlo per il verso cattivo e che lui pensava di doverci stare assieme per sempre, un bel mattino, davanti al cassetto delle mutande e dei calzini, è scomparsa. Al suo posto c’era il silenzio.

Io detto, al mio amico, ieri all’osteria, che mi sembrava una bella storia anche se non ero sicuro di averla capita del tutto, che però mi aveva fatto venire in mente una cosa che era successa a me. Dovevo andar via dalla casa dove stavo con mia moglie e con mia figlia, e non sapevo dove e mio padre mi ha detto -Vai pure a stare a casa mia, io sono dalla morosa. Ci sto ancora adesso in quella casa lì, ma non è tanto questo. È che quando si è capito che non mi sarei fermato una notte o due in quella casa, ma magari un po’ di più, mio padre mi ha fatto un regalo: dei calzini nuovi.

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